Agosto, mese tragico per il lavoro. E’ il mese che nel terzo trimestre ha fatto aumentare il triste consuntivo delle morti sul lavoro di ben 64 unità, con 44 vittime concentrate soprattutto nel crollo del ponte di Genova e negli incidenti stradali a Foggia in cui hanno perso la via 16 braccianti. Gli infortuni denunciati nel terzo trimestre di quest’anno sono già 277 (189 sul lavoro e 88 in itinere), mentre restano pressochè invariate le denunce di malattie professionali, 11.943, comunque a livelli inquietanti.
Se le vicende del Ponte di Genova restano all’attenzione del l’opinione pubblica e quindi resta traccia anche delle morti che suonano a monito delle coscienze, è già stato archiviato il dramma di Foggia e nulla fa pensare che vi siano cambiamenti di rotta sul fronte invece fondamentale della prevenzione e della sicurezza sul lavoro.
I dati tornano insomma ad esser solo una componente di una statistica senza che la politica e l’azione di Governo dimostrino, ora che tutto è avvenuto, di voler ripristinare misure più cogenti per evitare nuovi drammi. Si è rimasti ai “mai più”, sterili proclami di una inesistente volontà politica a determinare una reale svolta. Un atteggiamento di “disattenzione” che non è però, va detto, prerogativa dell’attuale maggioranza di Governo ma che era preesistente ad essa.
Resta invece l’allarme delle categorie di lavoratori più esposte. A Roma i lavoratori edili, secondo una indagine della Feneal Uil hanno segnalato come la sicurezza sia peggiorata nella e dopo la crisi. In agricoltura, settore con un calo occupazionale continuo, i rischi sono aggravati dal ricorso al lavoro irregolare.
Nel frattempo secondo gli ultimi dati Istat l’occupazione cresce ma con minore intensità. Si registra un aumento di 72 ila unità lavorative rispetto al trimestre precedente, dovuta soprattutto ai contratti a tempo indeterminato, una tendenza iniziata agli inizi del 2018. Mentre le posizioni a tempo determinato sono in lieve flessione (-27 mila) dopo nove trimestri di crescita ininterrotta. Anche se l’incidenza delle attivazioni a tempo determinato sul totale resta alto, attorno all’80%. Cresce ancora una volta di più l’occupazione nei servizi rispetto al trend dell’industria, anche esso positivo malgrado le numerose ristrutturazioni in corso. A reggere l’andamento dell’occupazione ci sono soprattutto le piccole imprese fino a 9 dipendenti (+121 mila) mentre medie e grandi imprese segnano incrementi minori.
Uno scenario che rafforza l’idea che il rallentamento economico sta influenzando anche quello occupazionale. Non a caso Pil ed occupazione sembrano muoversi di pari passo. E quando ciò avviene vuol dire che il rischio da evitare è una eventuale prossima stagnazione.
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio