A Roma persi 20mila posti di lavoro

A Roma persi 20mila posti di lavoro

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Sono 20mila i posti di lavoro persi dall’edilizia di Roma e provincia negli ultimi 4 anni, di cui 6mila soltanto nel 2012. La crisi colpisce in egual misura i lavoratori edili italiani e gli stranieri, determinando un progressivo invecchiamento della forza lavoro. A pagare il tributo occupazionale maggiore sono infatti i lavoratori giovani, perlopiù single, poco qualificati o con mansioni generiche (-44% di operai comuni nel 2012), che assieme agli apprendisti rappresentavano nel 2008, primo anno di recessione per le costruzioni romane, il 58% della forza lavoro.

Un esodo occupazionale che sta trasfigurando il settore e la sua capacità competitiva, innalzando l’età media per i lavoratori italiani a 44 anni e spingendo la manodopera straniera a superare, per la prima volta, la soglia dei 36. A rivelarlo è il 4° Rapporto annuale della Cassa edile di Roma e provincia, patrocinato dal Cnel, presentato in conferenza stampa. Attraverso l’analisi delle dinamiche recessive più recenti e delle tendenze di lungo periodo, lo studio suona per l’edilizia della Capitale come un bollettino di guerra. Così, se il 2012 è stato un anno orribile, forse il peggiore dall’inizio della crisi, le previsioni per il 2013 sono purtroppo tutt’altro che rosee: neanche quest’anno il comparto, ormai allo stremo, aggancerà la ripresa. Un periodo di sofferenza tanto lungo, mai verificatosi dal dopoguerra ad oggi, sta naturalmente modificando anche il tessuto produttivo e le imprese, che in oltre 2.000 hanno cessato l’attività.

A Roma persi 20mila posti di lavoro

Sono 20mila i posti di lavoro persi dall’edilizia di Roma e provincia negli ultimi 4 anni, di cui 6mila soltanto nel 2012. La crisi colpisce in egual misura i lavoratori edili italiani e gli stranieri, determinando un progressivo invecchiamento della forza lavoro. A pagare il tributo occupazionale maggiore sono infatti i lavoratori giovani, perlopiù single, poco qualificati o con mansioni generiche (-44% di operai comuni nel 2012), che assieme agli apprendisti rappresentavano nel 2008, primo anno di recessione per le costruzioni romane, il 58% della forza lavoro.

Un esodo occupazionale che sta trasfigurando il settore e la sua capacità competitiva, innalzando l’età media per i lavoratori italiani a 44 anni e spingendo la manodopera straniera a superare, per la prima volta, la soglia dei 36. A rivelarlo è il 4° Rapporto annuale della Cassa edile di Roma e provincia, patrocinato dal Cnel, presentato in conferenza stampa. Attraverso l’analisi delle dinamiche recessive più recenti e delle tendenze di lungo periodo, lo studio suona per l’edilizia della Capitale come un bollettino di guerra.

Così, se il 2012 è stato un anno orribile, forse il peggiore dall’inizio della crisi, le previsioni per il 2013 sono purtroppo tutt’altro che rosee: neanche quest’anno il comparto, ormai allo stremo, aggancerà la ripresa. Un periodo di sofferenza tanto lungo, mai verificatosi dal dopoguerra ad oggi, sta naturalmente modificando anche il tessuto produttivo e le imprese, che in oltre 2.000 hanno cessato l’attività negli ultimi 4 anni. Sul campo restano soprattutto le strutture societarie più deboli, come le Sas e le Snc, mentre resistono meglio le Srl, pari al 62,7% del totale delle aziende, perlopiù italiane, composte nel 76,7% dei casi da ditte con un massimo di 5 dipendenti. Imprese sempre più piccole dunque, seppure meno precarie, che fisiologicamente finiscono per esprimere una “vocazione” più marcata all’attività per conto terzi e in particolare al subappalto. La recessione colpisce tutti i rami di mercato, residenziale e non, manutenzione e persino impiantistica ed energetico, mentre le gare di appalto per i lavori pubblici subiscono un taglio netto del 16,6%.

In uno scenario tanto cupo, il Rapporto della Cassa edile rileva però anche qualche aspetto positivo, frutto dell’impegno dell’ente e delle parti sociali: si riducono infatti fortemente il ricorso al part-time, formula contrattuale che in edilizia cela elusione contributiva (dal 60% del 2008 si attesta appena al 19% nel 2012), e le anomalie orarie legate a ferie e permessi (dal 45 al 31 per cento), mentre la regolarità contributiva delle imprese si mantiene stabile all’84%.