La crisi e i cambiamenti del lavoro nella Capitale

La crisi e i cambiamenti del lavoro nella Capitale

Crisidi Vincenzo La Mura e Stefano Costa

 

Non è una frase fatta che l’edilizia sia da sempre uno dei settori cardine delle moderne economie capitalistiche ed allo stesso tempo spia infallibile dei processi di crescita o decrescita economica. Un settore che ha nel suo DNA la capacità di ridistribuire meglio di altri la ricchezza prodotta per la sua specifica caratteristica di essere, come si dice in gergo, “ad elevato impiego di capitale umano”.

Crisidi Vincenzo La Mura e Stefano Costa

 

Non è una frase fatta che l’edilizia sia da sempre uno dei settori cardine delle moderne economie capitalistiche ed allo stesso tempo spia infallibile dei processi di crescita o decrescita economica. Un settore che ha nel suo DNA la capacità di ridistribuire meglio di altri la ricchezza prodotta per la sua specifica caratteristica di essere, come si dice in gergo, “ad elevato impiego di capitale umano”.

La crisi e i cambiamenti del lavoro nella Capitale
di Vincenzo La Mura e Stefano Costa

Non è una frase fatta che l’edilizia sia da sempre uno dei settori cardine delle moderne economie capitalistiche ed allo stesso tempo spia infallibile dei processi di crescita o decrescita economica. Un settore che ha nel suo DNA la capacità di ridistribuire meglio di altri la ricchezza prodotta per la sua specifica caratteristica di essere, come si dice in gergo, “ad elevato impiego di capitale umano”. Un settore che permette e permetterà sempre di creare occupazione sul territorio nazionale, proprio perché impossibile esportare la produzione all’estero: il cantiere è il sito produttivo. Edilizia significa opere civili, infrastrutture, da sempre ritenute necessarie allo sviluppo di una nazione e al miglioramento della qualità della vita dei suoi cittadini. Dal punto di vista strettamente immobiliare, la casa rappresenta per ognuno di noi il bene più importante, frutto dei sacrifici di una vita, e uno dei modi migliori per mantenere inalterato il valore dei nostri risparmi. La nostra Nazione che detiene il 70% del patrimonio artistico e architettonico dell’intero pianeta non potrebbe mai rinunciare al continuo investimento sulla conservazione e la ristrutturazione di questi beni, che ogni giorno producono reddito favorendo il turismo e tutto il mercato dell’accoglienza in generale. L’edilizia sta cambiando volto. Si è compreso, ma ancora solo in parte, che la via da seguire non è quella del consumo del territorio e della cementificazione ma quella della ristrutturazione, della riqualificazione urbana, della sostituzione e ricostruzione degli immobili preesistenti. Nonostante quanto appena detto, il nostro settore è tra quelli che – anche a causa delle scelte politiche – ha pagato il prezzo più alto di questa crisi.

La mancanza di investimenti in infrastrutture, di risposte alla crescente esigenza di edilizia abitativa agevolata, la chiusura dei rubinetti delle amministrazioni locali che in nome del Patto di Stabilità hanno bloccato i pagamenti alle imprese anche a fronte di lavorazioni ultimate. Gli effetti sul settore sono devastanti e sono sotto gli occhi di tutti: perdita di migliaia di posti di lavoro, fallimento e chiusura di numerose imprese, continuo ricorso agli ammortizzatori sociali per tamponare un’emorragia che potrebbe non avere termine.
Sul territorio della Capitale questi fenomeni sono forse ancora più presenti, e proprio le attività edili svolte nel cosiddetto “centro di Roma” meglio di altre fotografano la situazione di emergenza. Dal punto di vista degli appalti pubblici, se si escludono in questi ultimi anni i grandi cantieri che interessano la costruzione delle nuove linee metropolitane C e B1, le maggiori lavorazioni si limitano quasi esclusivamente ad interventi ordinari o straordinari sulla viabilità cittadina e il sistema dei parcheggi, le ristrutturazioni di monumenti ed edifici storici, ed alcuni circoscritti interventi di riqualificazione urbana o di edilizia scolastica.

Ad attirare molto interesse dei media è stata sicuramente la vicenda del futuro restauro del Colosseo che però, stando a fonti certe, non vedrà l’inizio lavori prima di aprile-maggio del nuovo anno, e una forza lavoro impegnata mai superiore alle quindici unità.
Sul versante privato vi sono quasi esclusivamente interventi di ristrutturazione o ricostruzioni di fabbricati preesistenti. Le caratteristiche di un simile mercato sono quelle che sappiamo: imprese medio piccole, cantieri con pochi lavoratori e di media e breve durata. Dove sono allora i cambiamenti avvenuti a seguito della crisi, e cosa è cambiato nei cantieri del “centro”?
Molte cose sono cambiate e purtroppo tutte nella stessa direzione, in peggio. Sui cantieri constatiamo la crescita del lavoro irregolare, dei fenomeni di sfruttamento e caporalato, il peggioramento della qualità del lavoro che diventa sempre più pesante, mal retribuito e rischioso. Subappaltatori che subappaltano irregolarmente le lavorazioni e tante altre situazioni di palese irregolarità che sembrano passare inosservate anche agli organismi ispettivi preposti.
Il lavoratore che oggi vive il cantiere è otto volte su dieci straniero, a volte extracomunitario, alle prese già con problematiche al di fuori del lavoro, e si trova a dover accettare qualsiasi condizione pur di garantirsi l’unica “sicurezza” della quale ha premura: quella di portare a casa un salario per sopravvivere. Gli episodi di contrattazione individuale e di mancato rispetto dei contratti vigenti stanno aumentando; sempre più frequentemente il lavoratore concorda una paga giornaliera con il proprio datore di lavoro o caporale, con la copertura di un contratto al quale nessuna delle parti ritiene opportuno dare seguito.
Chi pagherà le conseguenze di tutto questo? Le imprese regolari forse, costrette ad uscire da un mercato “drogato” dal ribasso dei prezzi imposti dalla concorrenza sleale, e certamente i lavoratori che ancora una volta sulla loro pelle e con il sacrificio delle loro vite pagheranno lo scotto più alto.

Proprio alla luce di un simile scenario, risultano tanto più importanti i risultati conseguiti dalla Feneal Uil Roma sul piano della sicurezza sui luoghi di lavoro o della trasparenza. Ad esempio, l’accordo siglato nei primi giorni di settembre con la società Maltauro Spa, aggiudicataria dell’appalto per la realizzazione dell’adeguamento del Nodo della stazione Termini, in corrispondenza delle linee A e B della metropolitana di Roma.

Oltre alla piena applicazione della normativa esistente, l’accordo prevede, sul piano della sicurezza, l’istituzione, da parte del Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (R.S.P.P.), di un tavolo composto dai Rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza territoriali (RLST) a supporto dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) di cantiere (compresi i subappalti), unitamente ad azioni di monitoraggio e prevenzione, sorveglianza sanitaria, formazione ed informazione dei lavoratori, attuazione dei piani di sicurezza.
L’accordo prescrive, inoltre, un’attenta vigilanza affinché a tutti i lavoratori impegnati nei lavori di questa importante opera siano eseguite visite mediche periodiche secondo le cadenze e le caratteristiche specialistiche definite per ciascuna mansione dal protocollo sanitario del medico competente.

Importante infine, sul piano salariale, l’istituzione di un premio di produzione incentivante ai fini del raggiungimento degli obiettivi aziendali legati al rispetto del programma lavori contrattuale sottoscritto dalla società Maltauro Spa con Roma Metropolitane.

La Feneal ogni giorno entra nei cantieri, si batte per il rispetto delle leggi e dei contratti, si confronta con i lavoratori e con i loro problemi quotidiani, i loro piccoli e grandi drammi lavorativi e familiari che originano da questo stato di cose. Disoccupazione, crisi, mercato del sommerso e peggioramento delle condizioni di lavoro non sono soltanto numeri e statistiche, ma storie concrete di vita, volti, nomi e cognomi a cui dar voce ogni giorno.