Per una cultura della sicurezza

Per una cultura della sicurezza

SicurezzaNella proiezione del primo semestre del 2011, così come nel rapporto annuale 2010, l’Inail annuncia che gli infortuni sul lavoro denunciati nell’anno trascorso sono stati 775mila. Rispetto al 2009 il decremento è stato dell’1,9%. Gli incidenti mortali sono a loro volta diminuiti del 6,9%, passando dai 1.053 del 2009 ai 980 dell’anno passato. Il che, come viene sottolineato dai dirigenti dell’Inail, rappresenta uno sfondamento verso il basso della soglia simbolica dei mille morti per anno. Nei primi sei mesi di quest’anno, gli incidenti avvenuti sul lavoro segnano una riduzione di 16.000 casi pari a – 4% rispetto allo stesso periodo del 2010; i casi mortali invece risultano quasi invariati.

SicurezzaNella proiezione del primo semestre del 2011, così come nel rapporto annuale 2010, l’Inail annuncia che gli infortuni sul lavoro denunciati nell’anno trascorso sono stati 775mila. Rispetto al 2009 il decremento è stato dell’1,9%. Gli incidenti mortali sono a loro volta diminuiti del 6,9%, passando dai 1.053 del 2009 ai 980 dell’anno passato. Il che, come viene sottolineato dai dirigenti dell’Inail, rappresenta uno sfondamento verso il basso della soglia simbolica dei mille morti per anno. Nei primi sei mesi di quest’anno, gli incidenti avvenuti sul lavoro segnano una riduzione di 16.000 casi pari a – 4% rispetto allo stesso periodo del 2010; i casi mortali invece risultano quasi invariati.

Per una cultura della sicurezza

Nella proiezione del primo semestre del 2011, così come nel rapporto annuale 2010, l’Inail annuncia che gli infortuni sul lavoro denunciati nell’anno trascorso sono stati 775mila. Rispetto al 2009 il decremento è stato dell’1,9%. Gli incidenti mortali sono a loro volta diminuiti del 6,9%, passando dai 1.053 del 2009 ai 980 dell’anno passato. Il che, come viene sottolineato dai dirigenti dell’Inail, rappresenta uno sfondamento verso il basso della soglia simbolica dei mille morti per anno. Nei primi sei mesi di quest’anno, gli incidenti avvenuti sul lavoro segnano una riduzione di 16.000 casi pari a – 4% rispetto allo stesso periodo del 2010; i casi mortali invece risultano quasi invariati. I risultati sembrano essere incoraggianti , le costruzioni e l’edilizia registrano una confortante riduzione sia degli infortuni, con un -12,4% (corrispondente a circa 10mila casi), sia degli eventi mortali (-6,1%, con un decremento da 229 a 215); nel primo semestre del 2011 il calo è del – 5,8% , dato condizionato dal calo degli occupati nel settore -4,3%, mentre restano stabili gli infortuni mortali. Tuttavia questi dati, che registrano importanti diminuzioni degli infortuni, non riescono a confortarci quando il panorama lavorativo ci investe con casi devastanti che riportano ad una realtà amara e drammatica di una sfida sempre aperta con la sicurezza.
La stima relativa ai lavoratori in nero (che va intesa come presuntiva, non potendosi avvalere di riscontri diretti e certi, basandosi sui dati Istat che calcolano in 3 milioni quanti non sono coperti da assicurazione), indica in circa 165mila gli infortuni, corrispondenti al 20% del totale. Sul versante dei lavoratori stranieri, fortemente presenti nell’edilizia, a fronte di un lieve calo del numero di assicurati si registra un incremento dello 0,8% del numero di infortuni (sono 900 in più rispetto ai 111.600 del 2009) mentre i casi mortali sono diminuiti del 4%. Le comunità maggiormente coinvolte sono ancora una volta la Romania, l’Albania e il Marocco, i cui lavoratori costituiscono il 40% degli infortunati totali tra gli stranieri, e ben il 50% dei decessi per cause legate al lavoro.
Rispetto ai dati nazionali, nel Lazio è stata registrata una riduzione degli incidenti in percentuale maggiore, a differenza degli infortuni mortali che hanno registrato un decremento inferiore.
In ogni caso si tratta di una flessione che, per quanto significativa, rimane ben distante da quel 25% di riduzione degli incidenti sul lavoro che l’Unione Europea ha imposto ai paesi membri di raggiungere entro il 2012.
Nel nostro settore, leggendo i dati regionali, emerge un aspetto che va sottolineato: l’età media di chi subisce infortuni sul lavoro è concentrata nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 49 anni, ma una parte consistente riguarda la forbice tra i 18 ed i 34 anni di età, per lo più stranieri, che – pur essendo una forza lavoro minore rispetto a chi è presente nel settore da più tempo, e che si colloca in una fascia anagrafica più adulta – rappresenta una percentuale fortemente esposta, rapportata alla totalità delle maestranze giovanili.
I giovani sono particolarmente vulnerabili quando l’ambiente di lavoro nel quale operano non offre un’adeguata garanzia di sicurezza e salute sul lavoro. Possono mancare di esperienza, di maturità fisica, di consapevolezza delle questioni di salute e sicurezza, e possono altresì mancare di competenza e formazione. Molti infortuni e problemi di salute che colpiscono i giovani possono essere prevenuti. I giovani sono ricettivi alle informazioni concernenti la salute e le sicurezza, e sono pronti a proteggersi quando conoscono i potenziali pericoli. La sicurezza è un fatto culturale, ed è per questo motivo che la formazione assume un ruolo strategico, indispensabile nella sensibilizzazione dei soggetti coinvolti. E’ necessario rafforzare la cultura della prevenzione, rendendo più coscienti sia i datori di lavoro che i giovani dei rischi che si possono correre e su cosa occorre fare per ridurli. Bisogna introdurre attraverso l’istruzione una sensibilizzazione agli aspetti della salute e della sicurezza prima che i giovani facciano ingresso nel mondo del lavoro.
Formazione al lavoro vuole dire non solo imparare a fare una certa attività ma anche a svolgerla non facendo male a sé e ai propri colleghi. Si può quindi dire che esiste un nesso diretto ed immediato non solo tra qualità della prestazione di lavoro e cultura della sicurezza, ma anche tra quest’ultima e l’abitudine diffusa e consolidata alla prevenzione e alla tutela.

L’idea di sicurezza su lavoro si concretizza nell’informazione, nella formazione e nell’addestramento dei lavoratori; nella progettazione, nella costruzione e nel corretto utilizzo di ambienti, strutture, macchine, attrezzature e impianti; nell’evitare situazioni di pericolo; nell’adozione di comportamenti e procedure operative adeguate; nel controllo dei luoghi e nella segnalazione di situazioni di pericolo. Benché sia impossibile giungere alla soglia zero, ovvero all’assenza totale di incidenti, è tuttavia possibile (e non necessariamente oneroso) ridurne di netto l’incidenza.

In edilizia gli enormi ritardi della Pubblica Amministrazione nel corrispondere quanto dovuto alle imprese per i lavori effettuati, e l’indisponibilità al credito da parte delle banche, producono effetti negativi sulla tenuta economica dell’impresa e il primo risultato che ne consegue è il taglio sui costi alla sicurezza e un allargamento della forbice del lavoro nero.
Affrontare oggi questo problema, significa evitare di consegnare un settore – che è sempre stato importante per lo sviluppo dell’economia – nelle mani di figure in qualche modo legate ad ambienti criminali. Segnali sempre più evidenti, in questo senso, arrivano da nuove forme di caporalato presenti in cantiere.
In una situazione quale quella attuale, contrassegnata da una crisi economica e finanziaria strutturale che perdura dal 2008, il mutamento del ruolo del lavoro è un fatto di grande rilevanza. Il suo valore economico è in netto calo. Si tratta di una merce pagata sempre di meno. E la cultura della sicurezza, che è parte integrante della considerazione del lavoro ma anche dell’importanza che l’impresa vuole attribuire a se stessa, è un indice imprescrittibile della civiltà industriale ed economica. Non si tratta di evocare astratti principi ma concreti bisogni, la cui mancata soddisfazione è destinata da subito a tradursi in una disgrazia per i lavoratori e, nel tempo, in una secca perdita di competitività delle aziende medesime. Le quali possono trarre un beneficio monetario immediato dall’inadempienza ma, nella competizione con i mercati esteri, sono poi destinate a riconoscere la loro inferiorità. Non c’è sviluppo materiale senza progresso sociale. La sfera dei diritti è ciò che tiene legate le società, evitando che esse si spacchino al loro interno, con potenziali conseguenze drammatiche. I dati dell’Inail sono rassicuranti ma, in tutta probabilità, riescono a fotografare solo una parte del mercato del lavoro. La vera sfida è allora quella di cercare di fare emergere ciò che è sommerso. Del resto, sempre per rimanere nel settore edile e nella nostra realtà, il problema relativo al lavoro nero e al lavoro grigio presenti in cantiere, sono la conseguenza della forte destrutturazione dell’impresa, della parcellizzazione del lavoro in tanti piccoli cantieri, e della polverizzazione del mercato del lavoro, problemi che necessitano di importanti risposte. Tra le diverse soluzioni da perseguire troviamo l’annosa questione legata al superamento del massimo ribasso nell’affidamento dei lavori alle aziende; in questo caso il passaggio all’offerta economicamente più vantaggiosa, consentirebbe di superare un problema che ha prodotto una realtà imperfetta a svantaggio delle imprese sane e regolari. Altro obiettivo consiste nell’ottenere maggiore attenzione da parte della Regione sul fronte della prevenzione e la sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso il rispetto degli impegni assunti con le parti sociali sul fronte dei programmi di formazione e di informazione svolti all’interno della bilateralità di natura contrattuale. L’adozione dei parametri della sicurezza, il riconoscimento dei bisogni dell’intera collettività dei lavoratori non è il sogno di un utopista ma il pensiero razionale di chi voglia davvero rilanciare l’economia italiana.