MOBILTARSI PER IL LAVORO

MOBILTARSI PER IL LAVORO

La prima mobilitazione a Roma come in altre regioni punterà sulla richiesta forte di Cgil, Cisl e Uil di rinnovare i contratti di lavoro. La ragione è semplice: occorre garantire più che mai il ruolo contrattuale ed i diritti dei lavoratori, perché anche in questo modo si difendono le possibilità di uscire dalla difficile situazione nella quale siamo piombati con la pandemia. Rimettere al centro del confronto il tema contrattuale vuol dire contestare che questa nostra economia reale sia condannata a coabitare con l’assistenzialismo – ci vuole invece lavoro vero e retribuito giustamente – , vuol dire che occorre agire per risollevare i consumi, significa soprattutto oggi  ribadire la priorità alla sicurezza, l’opposizione intransigente a scorciatoie verso il lavoro nero, magari facilitate da normative confuse e dall’enfasi spesso ambigua sulla necessità di ripartire.

Per questi motivi il sindacato fa sentire la sua voce perché è necessario che il lavoro venga considerato il problema più impegnativo da affrontare con il quale fare i conti senza retorica e senza promesse che restano sulla carta. E’ perfino inutile ricordare l’andamento della occupazione con il tracollo che ha registrato e che ha confermato l’esigenza di prolungare i blocco dei licenziamenti e la ricerca di ammortizzatori universali come la Uil ha chiesto con forza. Questo valer per l’Italia come per Roma il cui deterioramento sul paiano sociale e lavorativo è purtroppo sempre più evidente.

Il nostro settore avrebbe una leva da attivare rapidamente ed è il bonus del 110% di cui però ancora si sanno le finalità ma non le procedure per renderlo un volano reale di ripresa. Anzi il timore è che la burocrazia anche in questo caso la faccia da padrona, riducendo inevitabilmente l’impatto del bonus nelle attività di tante piccole imprese che faticosamente stanno cercando di risollevarsi. Va anche detto che proprio la lentezza con cui il bonus avanza verso le sue prime attuazioni consiglierebbe di non farlo terminare a dicembre del 2021 ma oltre. Resta inoltre essenziale che le procedure siano snellite al massimo e soprattutto che il rapporto banche-imprese non riproduca le difficoltà che finora hanno contrassegnato le relazioni fra questi due soggetti nella economia reale.

La necessità di muoversi presto e bene sta diventando infatti una vera e propria emergenza. Roma ha subito contraccolpi pesanti dalla crisi originata dal virus, in particolare nel settore del turismo, dell’artigianato e del commercio. Eppure, da tempo ci sono delle opzioni nelle opere pubbliche che potevano sostenere l’economia della città. Soprattutto in materia di infrastrutture, riconosciute come importanti anche dall’elenco governativo che fa capo al famoso decreto che doveva velocizzare la riapertura dei cantieri. Dove è finito questo impegno, francamente non si sa. Quando diverrà materia di confronto concreto? Quando si potrà dare il via almeno ad una parte di queste opere? Tutto è avvolto ancora in una incertezza senza fine. È giunto il tempo di dire basta a questo tira e molla che sta destabilizzando il nostro settore anche a Roma e nel Lazio. Ed allora dobbiamo chiedere conto anche al Comune di cosa sta facendo? Aspetta il Recovery fund e pensa che in questo modo ha assolto ai suoi doveri e può garantirsi una sufficiente popolarità in vista delle prossime elezioni? Poteva fare molto meglio: ad esempio cogliere l’opportunità delle Olimpiadi che avrebbero garantito anche in questi tempi difficili, se ottenute, lavoro e redditi. Invece abbiamo assistito ad un inconcepibile suicidio politico ed economico. Poteva perfino decidere una volta per tutte sul nuovo stadio, invece anche in questo caso si è tergiversato senza concludere fino ad ora nulla di concreto.

Ma attenzione: riaprire i cantieri, bene; utilizzare al massimo il bonus 110%, bene; avviare nuove opere, bene; ma senza penalizzare il lavoro regolare, senza continuare a permettere nel settore edile la giungla di contratti di ogni genere. Non vogliamo il ritorno alla grande del lavoro nero ed irregolare, fonte di diseguaglianze inaccettabili e di rischi insopportabili sul terreno della sicurezza. Il settore deve essere rimesso in moto rapidamente, ma nella chiarezza e nel rispetto rigoroso della dignità del lavoro.

Giovanni (Agostino) Calcagno

Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio