Nuovo Governo, si riparte dagli appalti

Nuovo Governo, si riparte dagli appalti

Fra i primi atti importanti del nuovo Governo ci sarà certamente la riforma del codice degli appalti. Non saremo disattenti anche perché in vista di un ridimensionamento possibile dei bonus vi è la necessità di accelerare l’apertura di nuovi cantieri e non di ricreare problemi produttivi ed occupazionali. E probabilmente questo tema degli appalti sarà anche una delle prime cartine tornasole della volontà del Governo Meloni di considerare il sindacato un interlocutore con il quale fare i conti seriamente.

Su un punto il Governo ci troverà inflessibili: il codice degli appalti non deve aggirare il contratto e indebolire le misure sulla sicurezza.

Disattendere questi due pilastri del nostro settore non sarebbe un segnale positivo per il Paese, ma creerebbe le premesse per una ulteriore confusione che aumenterebbe i rischi per i lavoratori e la precarietà.

Al sindacato non interessano i colpi ad effetto, ma le riforme che sostengono la crescita e non riducono i diritti e la dignità del lavoro.

Le polemiche iniziali che hanno accompagnato l’avvento del nuovo Governo non cambiano la sostanza della questione centrale economica e sociale: abbiamo bisogno di interventi reali non solo su bollette, inflazione ed un fisco che diventa sempre più favorevole per il lavoro autonomo ed i professionisti e sempre meno equo per dipendenti e pensionati, ma anche sulle politiche industriali che possono evitarci nuove recessioni.

Ma ci si deve muovere con tempismo. Quello che sta mancando a quanto pare alla giunta di Roma e che rischia di perdersi anche in Regione con la prospettiva delle elezioni. Siamo preoccupati, va detto con chiarezza: non ci piace il pericolo di un immobilismo nel Lazio ed a Roma che possono mettere in forse le risorse europee, i progetti già esistenti da attuare, il recupero graduale ma certo di una qualità della vita che ha toccato livelli inaccettabili nel recente passato.

Eppure, di protocolli con il Prefetto di Roma, ora Ministro, ne abbiamo fatti nelle passate settimane e di importanti. Protocolli che hanno valore perché possono impedire abusi, violazioni contrattuali, concorrenza sleale. Ma se i lavori restano in forse o non procedono, se i progetti su Roma restano confinati in un limbo senza fine, tutto acquista poco senso e non è accettabile.

Il tempo dell’attesa deve finire al più presto. Ma al tempo stesso devono cambiare comportamenti che al dunque finiscono per ignorare il contributo che i sindacati delle costruzioni potrebbero dare per restituire slancio all’economia romana.

Si tratta di recuperare dialogo, concretezza, obiettivi dietro i quali devono esserci progetti capaci di guardare al futuro. È tutto questo, purtroppo, che finora si è visto molto, troppo, poco.

Quest’anno, malgrado le difficoltà ben note e una inflazione aggressiva che ha logorato ancor di più salari e pensioni, il Pil italiano rimarrà in zona positiva, forse con un 3,9%. Ma non c’è da illudersi, nel 2023 si faranno i conti veri. E la fragilità dell’economia romana potrebbe allargarsi se in questo scorcio di 2022 non si corre ai ripari. Ecco perché non potremo che insistere verso le Istituzioni locali perché escano da un pericoloso cono d’ombra e dimostrino di comprendere la serietà della situazione social e produttiva.

Giovanni (Agostino) Calcagno

Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio