Il 16 dicembre Cgil e Uil dimostreranno la loro netta contrarietà a scelte della manovra economica del Governo con le quali lavoratori dipendenti e pensionati vengono trattati come cittadini di serie B, malgrado le difficoltà della situazione economica e sociale.
Non si può subire, si deve reagire anche perché certe decisioni finiranno per aggravare le condizioni di tante famiglie mentre sono assenti quelle che dovrebbero cautelarci da un anno, il 2023, che si annuncia non solo ancora pieno di incertezze ma con la prospettiva che la crescita economica segni il passo, scivolando da una inflazione che ha colpito i più deboli ad un rischio di recessione che allargherebbe il disagio sociale.
E’ una manovra debolissima sul versante della crescita, iniqua per quello che riguarda il lavoro e la condizione anziana.
Guardiamo ai fatti concreti: la manovra sancisce due diversi sistemi fiscali: uno assai “comprensivo” verso le partite Iva (con l’Europa che ci bacchetta in quanto la nostra evasione dall’Iva è sempre da record) ed il lavoro autonomo, con l’Irpef che invece finisce sempre più per pesare sulle spalle di lavoratori e pensionati che in questo modo “pagano” i servizi pubblici per tutti. Anche il “contentino” del taglio del cuneo fiscale si risolve in briciole per chi lavora quando invece sono rimaste lettera morta le richieste di detassare, come ha sostenuto con forza la Uil, le tredicesime e gli aumenti salariali. Se poi i consumi di fine anno non saranno pari alle attese non ci si venga a dire che la colpa è delle famiglie, quando sarà chiaro che non si è fatto nulla per incentivarli. Si è opportunamente detto che fra le righe si legge una politica di tolleranza nei riguardi dell’evasione fiscale, come se fosse una scelta di politica economica, quando invece per far crescere questo Paese non si dovrebbe strizzare l’occhio al “nero” ed alle furbizie fiscali, ma mettere in campo provvedimenti capaci di creare investimenti e lavoro, di agire su tutte le distorsioni ed i ritardi che impediscono di ottenere uno sviluppo stabile e dir indurre le diseguaglianze.
Ancor più grave è il provvedimento che colpisce le pensioni, mentre non si danno risposte di lungo periodo alle proposte di riforma avanzate dal movimento sindacale. Quel poco che c’è avrà valenza per un tempo limitato, quello che si toglie invece rischia di produrre per i pensionati di oggi e di domani un ulteriore impoverimento del loro, già gramo, tenore di vita.
Già negli anni ’90 quando si trattò, in una situazione di crisi economica pesante, di ottenere rapidamente risparmi dal sistema previdenziale per garantire la sostenibilità si eliminarono tutte le forme di indicizzazione al costo della vita. Ma almeno in parte per un anno o poco più. I risparmi furono ingenti nel tempo e quello che comunque i pensionati persero non fu più recuperato. Oggi con perfida furbizia si ripercorre in larga scala quel percorso punitivo per tanti anziani. Basterebbe questa decisione per giustificare le azioni di lotta del movimento sindacale.
In realtà oggi, va detto con chiarezza, le possibilità di frenare una deriva che finirà per rendere ancora più grave la situazione sociale sono legate soprattutto all’impegno di sindacati e lavoratori. Non esiste l’illusione che un domani “qualcosa arriverà anche a noi” e quindi che si può…pazientare. Non si tratta di cercare uno scontro con il Governo per puro spirito di …opposizione. La sostanza della manovra giustifica ampiamente la più severa critica sul quello che essa può provocare per la classe lavoratrice e gli anziani, ma anche per l’iniquità che può seminare ancora.
Anche sul reddito di cittadinanza dobbiamo essere chiari: uno strumento di tutela sociale deve esserci e deve essere in grado di difendere i più deboli senza ambiguità. Non è accettabile che il Governo indichi la sua rimozione senza dichiarare cosa c’è dopo. In questo modo si crea solo una atmosfera di maggiore angoscia fra quelle famiglie che già oggi non sanno come tirare avanti. E potremmo continuare con la sanità, per la quale non sono previsti interventi utili a rafforzare la sanità pubblica in un momento assai delicato, mentre sorge il legittimo dubbio di un Governo che incoraggia il ricorso per chi può a quella privata. Ma anche per il nostro settore non ci sono risposte pari alle esigenze del Paese. Non si va oltre il ritocco dei bonus, quando invece serve chiarezza sulle risorse che arriveranno dal Pnrr e progetti seri per le emergenze che restano irrisolte: mettere in sicurezza il territorio, modificare la transizione energetica, intensificare le grandi opere per modernizzare la rete infrastrutturale. Non si campa con i libri dei sogni o con uno sterile invito ad aspettare. Questo è il momento di assumere responsabilità precise verso il futuro economico e sociale del Paese. Ed è quello che non si va facendo; è quello che reclamiamo invece con la nostra mobilitazione che deve essere proprio per tali motivi forte e partecipata. Lavoratrici, lavoratori da voi ci si attende un convinto contributo di presenza e di lotta: gli effetti di questa manovra che punisce il lavoro non saranno di breve periodo, vanno impediti adesso.
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio